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06 Febbraio 2021 - Cyangugu

Nuovo Vescovo nella Diocesi di Cyangugu: S.E. Mons. Edouard Sinayobye

Mons. Edouard è un carissimo amico delle nostre consorelle in Rwanda, un fratello è stato da loro definito. Nella sua diocesi di Cyangugu è presente la nostra nuova Comunità di Mibilizi. Tutto è grazia! S.E. Mons. Edouard Sinayobye è nato il 20 aprile 1966 nel Distretto di Gisagara Diocesi di Butare. Ha frequentato il Seminario minore Saint Léon di Kabgayi (1988-1993). Ha trascorso un anno nel Seminario Propedeutico di Rutengo (1993-1994) e successivamente ha completato gli studi di Filosofia e di Teologia nel Seminario Maggiore di Nyakibanda (1994-2000). È stato ordinato sacerdote il 12 agosto 2000 per la Diocesi di Butare. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi e studi: Vicario Parrocchiale della Cattedrale di Butare e Direttore della Commissione Diocesana Giustizia e Pace (2000-2005); Parroco di Gakoma e membro della Commissione Diocesana per le finanze (2005-2008); Licenza e Dottorato in Teologia Spirituale presso la Pontificia Facoltà Teologica-Pontificio Istituto di Spiritualità Teresianum a Roma (2008-2010) (2010-2013); Direttore della Caritas Diocesana (2010-2011); Economo della Diocesi (2011-2013). Dal 2014 finora è stato Rettore del Seminario Propedeutico di Nyumba, docente di Teologia Spirituale nel Seminario Maggiore di Nyakibanda e presso l’Università Cattolica di Butare, Segretario della Commissione Episcopale per le Vocazioni e membro del Comitato Nazionale per i Congressi Eucaristici. Mons. Edouard ha esercitato il suo ministero pastorale a pochi chilometri da Kibeho, luogo di apparizioni mariane. Testimone delle apparizioni, è profondo conoscitore dei veggenti e del Messaggio della Vergine. A riguardo, fra i suoi vari libri, ha pubblicato: “Io sono la Madre del Verbo” ed. Ares.

Semi di Parola

Pasqua di Risurrezione - Non avevano ancora compreso la Scrittura (Gv 20,1-9).
Nel racconto della scoperta della tomba vuota fatto da Giovanni, manca un elemento presente negli altri vangeli: le parole di angeli o di un misterioso giovane che annunciano la risurrezione di Gesù. Dopo la corsa fatta da Pietro e dal discepolo amato, si dice che quel discepolo “vide e credette”, pur senza aver incontrato Gesù risorto o un angelo che glielo annunciasse. La diversità del racconto nasce dal fatto che esso si rivolge ad una generazione lontana dai fatti e, a differenza degli altri evangelisti, preferisce non riportare solo i dati della tradizione ma rispondere alla domanda: come si può credere senza aver fatto l’esperienza delle apparizioni? Non solo credere, ma seguire gli insegnamenti di Gesù anche a costo di mettere a rischio la propria vita o le relazioni sociali. La risposta è nel riferire la reazione del discepolo senza nome (che non è solo un discepolo reale ma anche il simbolo di ogni credente futuro): vide una tomba vuota e credette, cioè, ebbe la consapevolezza che la morte non aveva vinto. Ma c’è un altro elemento altrettanto importante: le Scritture, quello che noi chiamiamo Antico Testamento, la cui centralità è annotata anche da san Paolo quando dice: “E’ risorto il terzo giorno secondo le Scritture”. La risurrezione di Gesù non è la rianimazione di un cadavere che tutti avrebbero potuto incontrare per strada (come invece sembra essere avvenuto nel caso di Lazzaro) ma la consapevolezza, da parte di chi si è aperto con fiducia alle promesse di Gesù, che la morte non ha avuto l’ultima parola ma Gesù è pienamente presente e operante a fianco di Dio. Per avere questa certezza non è bastata qualche visione (anche gli antichi avevano la percezione che alcune visioni potevano essere ingannevoli) ma è stata essenziale la riflessione sulla Parola come promessa certa di Dio. L’iniziale dubbio dei discepoli, annotato da tutti i vangeli, è segno che hanno dovuto fare un percorso di ascolto della Parola e di richiamo alla memoria delle parole di Gesù, proprio come siamo chiamati a fare noi che viviamo duemila anni dopo quei fatti. A chi ha la forza di non farsi distrarre dai rumori di un mondo iperconnesso dove parole sempre più vuote si sprecano e c’è un’inflazione di immagini di tutti i tipi , risulta illuminante la beatitudine detta da Gesù a Tommaso, che ascolteremo la domenica dopo Pasqua: “Beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto”. In una cultura in cui si afferma la necessità di vedere per credere, Gesù ci dice che è necessario credere (cioè, avere fiducia) per vedere, mettere in moto quelle ragioni del cuore che la ragione da sola non può capire.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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