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XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - Un giudice che non temeva Dio (Lc 18,1-8).
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Leggendo la parabola, ho associato quasi automaticamente la situazione narrata a ciò che sta accadendo in questi giorni in Medio Oriente. Fino a poco tempo fa ci trovavamo di fronte al cinismo dei governanti di Israele e degli USA nei confronti del martirio di Gaza; un cinismo che si è manifestato in modo plateale nel famoso video sulla “riviera di Gaza” in cui, infischiandosi del terrore vissuto da milioni di persone bombardati e massacrati da un esercito che si fregia di nomi biblici come Gedeone, si mostravano rilassati e divertiti. Poi è accaduto qualcosa: forse c’è stata la sveglia finalmente dei paesi arabi, ma anche il crescendo delle manifestazioni e delle iniziative di solidarietà con Gaza partite dal basso. Il mondo ha fatto capire che non sarebbe rimasto più a guardare: l’indignazione sta aumentando sempre più. Il cinismo politico sta facendo i conti con tutto questo e, se non si muove per senso morale (lo avrebbe dovuto fare da molto), si muove perché incalzato dall’insistenza di tanti. Ecco l’immagine della vedova che non smette di bussare alla porta del giudice senza cuore, che lo costringe a prendere di petto la situazione, a fare insomma il lavoro per cui esiste: fare giustizia, governare, e non semplicemente comandare. Ovviamente si tratta solo di un flebile segno, non significa che certa gente è cambiata veramente, come non è cambiato il giudice della parabola. Eppure, anche questi ultimi eventi diventano una parabola per indicare come potrebbe essere il mondo se ciascuno facesse secondo coscienza la propria parte, senza essere asserviti ad interessi o calcoli. Gesù ha raccontato la parabola non per esaltare la categoria dei giudici ma per dire a noi che vogliamo credere in lui che è possibile un mondo altro; l’importante è non voltarsi dall’altra parte, non pensare che siccome non siamo direttamente coinvolti non siamo responsabili di quanto accade nel mondo. I coraggiosi della flotilla che hanno compiuto un vero pellegrinaggio giubilare (questo sì! Non certo quelli confortevoli per arrivare a Roma), nonostante siano stati denigrati e sbeffeggiati dai nostri governanti in malafede, sono stati segno di un’umanità che ancora esiste e resiste, che, come la vedova, si ostina a bussare alle porte dei potenti i quali, o per convinzione o per convenienza sono costretti a fare qualcosa per fermare la violenza che ha superato ogni limite e decenza. Noi cristiani ci vantiamo di avere superato abbondantemente il miliardo nel mondo: ma tutti noi abbiamo la fede della vedova che sposta le montagne dell’orgoglio umano o vogliamo essere solo il supporto dei prepotenti legittimati di nostri voti? Michele Tartaglia
La Preghiera della Memoria
Attraverso i
volti
e la storia.
Belvedere del Rogate