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XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - Fatevi amici con la ricchezza disonesta (Lc 16,1-13).
In questa parabola Gesù fa una vera e propria lezione di economia che vale anche per il nostro tempo in cui si considera una cosa normale fare la classifica dei plurimiliardari come se si confrontasse il primato di Sinner e Alcaraz nel tennis e un tempo in cui i super paperoni che decidono di risiedere in Italia pagano una miseria di tasse rispetto ai loro redditi finanziari, facendo ricadere tutto il peso della spesa sociale sulla gran parte di coloro che arrancano per vivere una vita dignitosa, lamentandoci poi che non funziona la sanità o non c’è sicurezza. Il principio costituzionale sul contribuire al bene comune è fondato sulla solidarietà e sussidiarietà che sono i fondamenti della convivenza umana. Tutti valori, poi, che derivano dalla tradizione biblica. Il vangelo esprime un principio generale: il cumulo della ricchezza nelle mani di pochi è espressione di ingiustizia (il termine greco originale tradotto con “disonesto” è infatti letteralmente “ingiusto”). L’amministratore ha collaborato per anni ad ingrassare il padrone e, a un certo punto, avrà pensato che il suo stipendio con cui era ricambiato dall’avido possidente fosse poco e ha cominciato a fare la cresta per farsi un suo patrimonio. Dopo il licenziamento ha attuato lo stesso criterio, non solo a danno del padrone, ma stavolta anche a favore dei poveri creditori che probabilmente erano assillati dalle richieste di pagamento in beni, forse perché erano affittuari o mezzadri dell’avido proprietario (il classico latifondista ben attestato nella Galilea del tempo di Gesù). Perché ha fatto ciò? Nella speranza che i creditori del padrone si ricordassero di lui che da arrogante esattore stava ormai diventando un nullatenente. In realtà, pur non pensandolo, stava facendo giustizia, perché lasciava ai creditori del padrone un po’ di quei beni che loro avevano ottenuto col duro lavoro e che, anche per la complicità di leggi fatte da chi detiene il potere economico e politico, era sottratto in modo impietoso a chi avrebbe potuto sfamare la famiglia e invece doveva ingrossare i depositi del super ricco. Gesù in realtà dice che ogni accumulo di beni a scapito di altri che producono (non dovevamo arrivare a Marx per sentirlo dire) è in realtà frutto di ingiustizia perché la terra è data da Dio a tutta l’umanità e la nascita dei confini e degli steccati è opera dell’avidità umana. Ridare un po’ di beni a chi è nel bisogno è assolvere un obbligo di giustizia, non un atto di generosità. Questo vale per la terra in genere come anche per le singole realtà come Israele o l’Europa e l’America: la terra non è di chi si definisce popolo eletto o cittadino legittimo, ma di ogni essere umano che, per il fatto stesso di essere venuto al mondo, ha diritto di avere parte ai beni della terra.
La Preghiera della Memoria
Attraverso i
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