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18/05/2025

DALLA CASA DELLA GIOVANE DI BARI INCONTRI CHE FANNO BENE

Noi ragazze del Convitto Cdg dell' Istituto "A.M. Di Francia" abbiamo avuto la bellissima occasione di poter vivere un momento fatto di dialogo, confronto e preghiera insieme a Padre Ciro, Gesuita allora a capo della Cappella di Ateneo dell' Università di Bari. Dialogo in quanto, prima ancora di entrare nel vivo della tematica della serata, a ognuna è stato chiesto di poter dialogare su quello che è stato il ' gioco - esercizio ' di apertura dell' incontro stesso: dare un titolo a diversi disegni sulle pareti della sala e dire in quali dei tanti potesse riconoscersi di più. Le risposte ( e dunque anche i successivi confronti) non sono stati pochi, anzi... Ognuna di noi ha - per così dire - acceso 'quel piccolo lume' di cui ciascun' altra poteva aver bisogno. Dando il 'la' a chi magari quel 'la' non lo aveva, creando così un accordo vero e proprio. Un accordo che ha portato poi al tanto atteso ' secondo tempo ': la lettura del passo del Vangelo in cui come protagonisti ci sono Giairo e tanti altri: uomini, donne, circostanze...e ovviamente, si sa, Gesù. Una lettura di cui Padre Ciro non ci ha lasciato la classica omelia ma di cui voleva fossimo noi le interpreti. Sicuramente il passo poteva prestarsi a una lettura a più livelli, ma soprattutto poteva diventare reale strumento di riflessione, meditazione e Ascolto. Forse proprio quello che oggigiorno vorremmo avere di più. Quel qualcosa di cui nessuno dovrebbe essere mai esente. Insomma: è stata la serata che volevamo. E dopo aver concluso il tutto con una preghiera dai toni intimistici, a seguire un piccolo momento di condivisione, con aperi- cena e foto. Inutile dire che sul volto delle nostre Suore c' era solo tanta felicità. E ciò non solo per i gadget che abbiamo donato loro con tanto affetto ma anche perché, nel loro cuore, sapevano di essere riuscite nel loro intento, o meglio, per utilizzare un' espressione a cui tengono ancora molto....nella loro Missione: aver infuso in ognuna un senso di appartenenza e unione che oggi, ahimè, è ancora un po' raro da trovare. Che dire quindi? Siete grandi. Padre Annibale sarebbe fiero di voi. ♥️ Naty (ospite del Convitto per ragazze universitarie)

Semi di Parola

V Domenica di Pasqua – Anno C - Come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,31-33a.34-35).
Nel momento in cui Gesù pronuncia queste parole è appena avvenuta la lavanda dei piedi: un gesto impensabile in una cultura in cui è l’inferiore che svolge servizi umili per il superiore. L’insegnamento sull’amore modellato sullo stile di Gesù riecheggia altre parole del Maestro, registrate in altri vangeli: chi vuol essere il primo sia l’ultimo; chi governa sia come colui che serve; il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire. È tutta qui la logica del vangelo: non il dominio ma la cura; non l’esaltazione ma l’abbassamento. In questo modo si diventa imitatori di Dio stesso che essendo il primo, Colui che è sopra tutto e tutti, nel suo agire può solo abbassarsi. L’amore di cui parla il vangelo (l’agàpe) va solo in una direzione: verso l’altro, mai si rivolge a sé stesso, proprio come fa Dio nei confronti del mondo ma anche all’interno del suo mistero d’amore che è la Trinità. La chiesa, intesa come comunità di coloro che testimoniano questo tipo di amore, è riflesso della Trinità perché nelle relazioni si vive la gratuità reciproca (ovviamente questo vale per come Dio desidera la chiesa, non per la sua realizzazione storica dove spesso invece prevalgono sete di potere e di dominio sugli altri, cosa che si manifesta persino nei segni visibili che distinguono i ruoli, codificati in quei tempi in cui il potere mondano si arrogava di essere emanazione della potestà di Dio). Anche oggi, nonostante la desacralizzazione del potere, rinasce la tentazione di ritenersi un’emanazione del divino (l’America è solo ultima in ordine di tempo) e ci si arroga l’autorità di interpretare persino le parole di Gesù in chiave antiumana (come chi dice che l’amore del prossimo riguarda solo la stretta cerchia dei propri affetti, giustamente criticato da chi ora si chiama Leone XIV). Per resistere e combattere questa strumentalizzazione, ancora una volta i discepoli sono chiamati a testimoniare la gratuità dell’amore e il primato del servizio sull’esempio di Gesù che non ha lavato i piedi solo agli amici (che di lì a poco lo avrebbero rinnegato e abbandonato) ma anche a chi, come Giuda, aveva già in animo di consegnarlo ai nemici. Se il criterio dell’amore è Cristo, nessuno può essere escluso in linea di principio: persino i nemici sono compresi. Il limite non è dato dal numero dei destinatari (praticamente infinito) ma solo dalla nostra incapacità di andare fino in fondo come invece ha fatto Gesù.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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