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9 Ottobre - Casavatore

60° di Professione di Suor M. Concetta Virzì Laccania

"Loderò il Signore per tutta la mia vita, finché vivo canterò inni al mio Dio (Sal 145,2)." Sono queste le parole del salmo 145 che ho scelto per l’immaginetta ricordo della mia professione perpetua avvenuta il 7 ottobre 1965, a conferma del primo Si che avevo detto al Signore la mattina del 9 ottobre 1960, emettendo i voti di povertà, castità, obbedienza e rogate. Oggi voglio ripeterle insieme alla mia comunità e alla comunità parrocchiale per lodare e ringraziare il Signore per l’amore grande e misericordioso con cui mi ha accompagnato in questi 60 anni di vita consacrata e per la grazia che mi ha dato di poter rispondere con tutto il mio amore e dedizione alla vocazione. La mia lode al Signore si estende anche per tutte quelle realtà che mi hanno aiutato a far sbocciare in me la vocazione alla vita consacrata, e a quegli avvenimenti che nel corso degli anni hanno contribuito a svilupparla e corroborarla. Invito tutti, pertanto a pregare perché con l’aiuto della grazia anche nella vecchiaia, come dice il salmo, io continui a dare frutti vegeti e rigogliosi (Sal 91,15) per il regno di Dio e il bene dei fratelli. Invito tutti anche a continuare a pregare perché il Signore ci conceda il dono di nuove e sante vocazioni affinché la nostra presenza a Casavatore possa continuare a dare testimonianza significativa per tutti. Infine, invito vivamente le famiglie ad educare i propri figli ad ascoltare la voce del Signore che parla al loro cuore, per seguirla con gioia e generosità.

Semi di Parola

XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - Presunzione di essere giusti (Lc 18,9-14).
In questa parabola possiamo vedere chiaramente la capacità di Gesù di leggere il cuore umano, perché in poche battute descrive a perfezione i due tipi di uomo che incidentalmente sono un fariseo e un pubblicano ma in realtà rappresentano i due modi di essere al mondo: di chi è rivolto verso sé stesso elevandosi a dio della propria vita e chi invece guarda l’altro, che sia Dio o l’uomo, e attraverso questo sguardo valuta sé stesso. Il pubblicano, cioè colui che estorceva i beni al popolo per conto dei romani, è probabilmente colto nell’attimo in cui rivede la sua vita, forse perché spinto dal dolore di chi ha umiliato e angariato. Ha commesso molto male ma, come farà Zaccheo, ha deciso di rimettere in discussione la propria vita ponendosi davanti a Dio e riconoscendosi peccatore. Badiamo bene, non si tratta di chi sfrutta i dipendenti e poi fa l’offerta in chiesa per lavarsi la coscienza, ma è uno che sta cambiando radicalmente vita mettendosi a nudo davanti a Dio. Il fariseo invece pensa che con Dio non solo è in pace ma è in confidenza, a tal punto che può parlare con lui della sua onestà cristallina. Ma con quale dio sta parlando? Nel testo originale è descritto così: “Stando in piedi verso sé stesso diceva”; il dio con cui stava parlando non era Dio ma sé stesso elevato a dio della propria vita. Il fariseo non solo non era aperto con il cuore agli altri, a cominciare dal pubblicano che veniva sbrigativamente etichettato per ciò che aveva fatto fino ad allora nella società, non notando minimamente che era avvenuto un cambiamento nel suo cuore, ma non era aperto neppure verso Dio perché ignorava la sua caratteristica più importante che è la misericordia. Il suo dio è lui stesso posto come modello inimitabile per il resto dell’umanità. Non sappiamo e non importa se il fariseo con il suo atteggiamento e le sue scelte ha fatto del male a qualcuno ma lo avrà fatto con le migliori intenzioni, pensando con il suo disprezzo di educare gli altri a migliorare sé stessi perché sottoposti al giudizio di Dio di cui il fariseo si riteneva forse uno strumento. È quanto accade spesso con le persone devote e religiose che non si mettono davanti a Dio ma usano Dio per giudicare e condannare gli altri mentre l’unico dio che adorano è il proprio ego a cui hanno fatto un monumento. Il pubblicano viene dichiarato giusto perché ha avuto la capacità di capire veramente chi è Dio: non uno spettatore della nostra recita umana ma uno sguardo che perdonando fa riemergere il bene che abbiamo nel cuore, troppo spesso sepolto sotto il piedistallo della nostra vanità.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

libreria del santo