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29 Maggio - Oria

Il battesimo di Andrea

Il nostro piccolo Andrea, oggi 29 maggio, ha ricevuto il dono del battesimo. Nel pomeriggio di sabato la comunità Annibale Maria Di Francia, grazie alla premura e all’attenzione di sr Dolores, oltre alla volontà di Madre Arlene e sr Sherly. Tutto il centro si è prodigato ad organizzare il battesimo presso la nostra Parrocchia di San Francesco di Paola di Oria, grazie alla collaborazione di Don. Francesco Sternativo che ha voluto fortemente questo sacramento. La madre del piccolo, Maria è stata preparata al battesimo da sr Dolores, la quale ha pazientemente accompagnato la mamma di Andrea offrendole la conoscenza necessaria sul Sacramento del Battesimo per essere pronta a ricevere, per suo figlio Andrea, il sacramento del battesimo. Anche la madrina, Mafalda è stata pronta a rivestire con affetto e responsabilità il suo ruolo e il suo compito futuro nei confronti di Andrea, perché lo possa guidare lungo la sua vita nella fede cristiana. Tutto il personale si è prodigato con premura e amore per organizzare tale importante evento e realizzare una festa meravigliosa. Durante la cerimonia tutti i presenti si sono riuniti con affetto intorno al dolcissimo Andrea e hanno sentito l’importanza del momento. Durante la parte centrale della messa c’è stata una vibrante commozione che ha coinvolto tutti gli astanti. Anche la nonna di Andrea è stata felice di essere presente in questo giorno speciale, dopo un lungo periodo di lontananza per via del lockdown per la pandemia. Al rientro nel centro Parietone Andrea è stato festeggiato con un buffet e una torta per l’occasione e tutti i partecipanti alla messa hanno voluto fare un regalo al piccolo Andrea. Rossana Martellotta, educatrice

Semi di Parola

IV Domenica di Pasqua – Anno C - Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27-30).
L’immagine che Gesù usa per parlare dei suoi reali ed eventuali discepoli deve essere capita nel contesto storico e culturale in cui viveva, altrimenti si rischia di far passare Gesù per un demagogo populista per il quale le masse sono solo un gregge di pecore senza cervello e bisognose di chi le comandi. Nei tempi antichi, quando possedere molte pecore era segno di ricchezza e prestigio, era normale che un re o un capo si paragonasse a un pastore, ritendo così il popolo come sua proprietà. L’essere pastore dava diritto di vita o di morte sul proprio gregge e non c’era nessun dubbio, da parte di chi era governato, sul fatto che altri dovessero decidere sulla propria sorte. Nel momento in cui Gesù usa questa metafora, che era perfettamente comprensibile da parte dei suoi uditori, ne capovolge radicalmente il senso: non sono le pecore a garantire il potere economico del pastore ma è il pastore a dare la vita alle pecore, anzi, addirittura a donare la vita per le pecore stesse. Mentre per un re i sudditi sono solo numeri che determinano l’effettiva forza nei confronti degli avversari, Gesù conosce i discepoli, ha con essi un rapporto personale e intimo. Per questo i discepoli ascoltano la voce di Gesù e lo seguono. La logica di Gesù è all’opposto di quella del mondo: parafrasando una famosa frase di Kennedy, non conta ciò che le pecore possono fare per il pastore ma ciò che il pastore fa per le pecore. In questo periodo si discute su come debba essere il papa. La risposta, che vale non solo per lui ma anche per ognuno che è chiamato ad una responsabilità verso altre persone (preti, genitori, educatori, politici e così via) sta in quello che Gesù dice e che vale in ogni tempo, anche oggi che non ci dovrebbero essere più sudditi ma cittadini, non più seguaci obbedienti ma comunità che fanno strada insieme (è il significato della parola sinodo!): il pastore conosce le pecore, chi guida sa chi sono quelli che deve accompagnare nella propria crescita umana e spirituale. Il vero dramma accade quando chi pensa di saper guidare proietta sugli altri i propri schemi mentali, le proprie convinzioni che assurgono a verità indiscutibili e non sa cogliere le domande vere che nascono da chi desidera vivere in pienezza e sogna la felici tà o, per dirla con Gesù, la gioia. Essere pastori nello stile di Gesù non significa tanto fare l’inventario di quante pecore si possiedono o dare loro direttive ma piuttosto impegnarsi ogni giorno perché non si perdano per la mancanza di senso e ogni pecora sia conosciuta e ascoltata realmente, perché ritenuta capace di scegliere per perseguire la propria realizzazione, senza sentirsi imporre da altri, che non conoscono la sua storia, le sue ferite e le sue speranze, ciò che deve o non deve fare.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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