Ultime Notizie

21 Dicembre - Albano

Festa dei carismi all’inter-noviziato

La novizia Ester La Fornara, con la sua formatrice, Suor M. Carolina, ha partecipato alla festa dei Carismi, organizzata dall’ inter – noviziato di Albano, dove partecipa ai dei corsi formativi insieme ai novizi e alle novizie di molte altre congregazioni. Ricco lo stand di cartelloni illustrativi, a sfondo storico e carismatico, sull’internazionalità dell’Istituto e sulla biografia di Sant’Annibale M. e di Madre M. Nazarena, sono stati messi a disposizione varie stampe fra le quali le collane “Padre Annibale, oggi” “Nazarena Majone” “Dio e il Prossimo” “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito (1 Cor 12,4)”. Il Noviziato delle Figlie del Divino Zelo della Provincia Nostra Signora della Guardia ha vissuto questa diversità, grazie all’incontro conclusivo del primo trimestre dei corsi della Scuola Intercongregazionale dei Castelli Romani, tenutosi il 21 dicembre 2022 presso l’Istituto delle Suore Francescane in Grottaferrata. Il tema dell’incontro è stato proprio il carisma: il carisma come dono di Dio ad ogni suo figlio e carisma come specificità di ogni congregazione facente parte della Scuola Intercongregazionale. Infatti ogni Congregazione ha creato dei piccoli spazi in cui ha potuto presentare, grazie alla creazione di poster spiegati dagli stessi novizi o dai maestri a tutto ciò che le rappresenta: vita e operato dei Fondatori o delle Fondatrici, specificità del carisma e ambiti di missione. Tra questi vi era anche la nostra Congregazione che già da due anni frequenta i corsi di questa Scuola e che, giorno dopo giorno ci fa capire l’importanza dello stare insieme nella diversità, per conoscerci, arricchirci e condividere i doni che il Signore ha fatto a ciascuno di noi mediante le diverse chiamate, suscitando una comunione che alla fine dell’incontro ci ha fatto dire a gran voce di essere “La Famiglia delle famiglie”.

Semi di Parola

IV Domenica di Pasqua – Anno C - Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27-30).
L’immagine che Gesù usa per parlare dei suoi reali ed eventuali discepoli deve essere capita nel contesto storico e culturale in cui viveva, altrimenti si rischia di far passare Gesù per un demagogo populista per il quale le masse sono solo un gregge di pecore senza cervello e bisognose di chi le comandi. Nei tempi antichi, quando possedere molte pecore era segno di ricchezza e prestigio, era normale che un re o un capo si paragonasse a un pastore, ritendo così il popolo come sua proprietà. L’essere pastore dava diritto di vita o di morte sul proprio gregge e non c’era nessun dubbio, da parte di chi era governato, sul fatto che altri dovessero decidere sulla propria sorte. Nel momento in cui Gesù usa questa metafora, che era perfettamente comprensibile da parte dei suoi uditori, ne capovolge radicalmente il senso: non sono le pecore a garantire il potere economico del pastore ma è il pastore a dare la vita alle pecore, anzi, addirittura a donare la vita per le pecore stesse. Mentre per un re i sudditi sono solo numeri che determinano l’effettiva forza nei confronti degli avversari, Gesù conosce i discepoli, ha con essi un rapporto personale e intimo. Per questo i discepoli ascoltano la voce di Gesù e lo seguono. La logica di Gesù è all’opposto di quella del mondo: parafrasando una famosa frase di Kennedy, non conta ciò che le pecore possono fare per il pastore ma ciò che il pastore fa per le pecore. In questo periodo si discute su come debba essere il papa. La risposta, che vale non solo per lui ma anche per ognuno che è chiamato ad una responsabilità verso altre persone (preti, genitori, educatori, politici e così via) sta in quello che Gesù dice e che vale in ogni tempo, anche oggi che non ci dovrebbero essere più sudditi ma cittadini, non più seguaci obbedienti ma comunità che fanno strada insieme (è il significato della parola sinodo!): il pastore conosce le pecore, chi guida sa chi sono quelli che deve accompagnare nella propria crescita umana e spirituale. Il vero dramma accade quando chi pensa di saper guidare proietta sugli altri i propri schemi mentali, le proprie convinzioni che assurgono a verità indiscutibili e non sa cogliere le domande vere che nascono da chi desidera vivere in pienezza e sogna la felici tà o, per dirla con Gesù, la gioia. Essere pastori nello stile di Gesù non significa tanto fare l’inventario di quante pecore si possiedono o dare loro direttive ma piuttosto impegnarsi ogni giorno perché non si perdano per la mancanza di senso e ogni pecora sia conosciuta e ascoltata realmente, perché ritenuta capace di scegliere per perseguire la propria realizzazione, senza sentirsi imporre da altri, che non conoscono la sua storia, le sue ferite e le sue speranze, ciò che deve o non deve fare.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

libreriadelsanto