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05 Giugno 2023 - IL CAPITOLO DELLA PROVINCIA

“NOSTRA SIGNORA DELLA GUARDIA” FIGLIE DEL DIVINO ZELO

Anche oggi è stata una giornata intensa. Nella celebrazione eucaristica Padre Maria Josè Ezpeleta, rcj, ha commentato il Vangelo del giorno, e quindi la parabola del padrone e dei contadini della vigna, accostandolo alla pericope evangelica rogazionista. Dio prepara tutto, ma poi chiede la collaborazione dell'uomo e della donna. Emerge la sconfinata fiducia di Dio nell’umanità, nonostante le sue debolezze, fallimenti e tradimenti. Dio ci chiama a far parte della sua meravigliosa opera e missione: "pregate il Signore della messe", ma anche "andate, io vi mando". “Ogni Capitolo ha la stessa finalità: leggere i segni dei tempi, ascoltare le indicazioni del Padrone della messe, essere collaboratori della sua opera di salvezza, come docili strumenti della sua missione”. Dopo colazione da lettura del verbale ha riaperto i lavori capitolari. È seguito l'ascolto della relazione di padre Maria Josè dal tema: “Profezia della Vita Consacrata da vivere in sinodalità con i laici”. E ancora l'ascolto della testimonianza di due volontari Padif di Monza, i quali hanno espresso la gioia di aver trovato la loro missione lavorando con i bambini delle comunità educative. La mattinata si è, dunque, conclusa con un tempo di confronto e condivisione in assemblea. Nel pomeriggio i lavori sono proseguiti con la lettura della relazione economica da parte della consigliera di settore che ha evidenziato, innanzitutto, che il capitale primario dell’Istituto sono le persone da salvaguardare e valorizzare nella loro integrità e che attraverso l’economia passano scelte per la vita personale e comunitaria nelle quali deve trasparire la testimonianza evangelica.

Semi di Parola

SS. Trinità – Anno C - Molte cose ho ancora da dirvi (Gv 16,12-15).
La possibilità di comprendere molte più cose dopo la risurrezione di Gesù, attraverso il dono dello Spirito, è forse connessa proprio con il contenuto del vangelo di Giovanni, così diverso dai primi vangeli in cui gli insegnamenti del Maestro riflettono maggiormente le sue parole reali. Il quarto vangelo è stato visto da subito come quello più spirituale, nel senso che approfondisce il mistero della persona di Gesù e la sua dimensione divina e le sue parole sono lo strumento per dire l’indicibile; esse sono frutto di una continua e più profonda speculazione del pensiero su chi è Dio, un misterioso intreccio di persone che ben tre secoli dopo la morte di Gesù è stato oggetto di una formulazione precisa, al Concilio di Nicea di cui ricorrono i mille settecento anni. Dire che i discepoli non erano capaci di portare il peso di quanto Gesù aveva da dire, è un po’ un mettere le mani avanti sulle riflessioni che la comunità avrebbe elaborato su Dio, Gesù e lo Spirito e che non vengono dal lascito dei discepoli storici di Gesù. Da subito i primi cristiani hanno avuto la convinzione che non bastasse semplicemente conservare ciò che era arrivato dai primi testimoni; anzi, chi lo ha fatto è poi scomparso dalla storia cristiana, come i cosiddetti giudeo-cristiani che vedevano in Gesù solo il Messia e non il Figlio di Dio e avevano conservato solo i suoi insegnamenti, senza dare nessun peso al valore salvifico della sua morte; cosa che ha fatto invece Paolo che, a sua volta, ha ignorato quasi completamente ciò che Gesù aveva insegnato o fatto nella sua vita terrena. Ma quella frase del vangelo ci dice che non solo la comprensione del mistero è in continua evoluzione e tuttora è oggetto di riflessione teologica, avendo attraversato le culture di diversi tempi e diversi luoghi, ma anche la capacità di allargare la mente da parte dei cristiani è in continua evoluzione per cui noi che viviamo in questi tempi abbiamo la possibilità di capire un po’ di più persino rispetto ai grandi del passato, come un Agostino o un Tommaso (il primo pensava, ad esempio, che i bambini non battezzati non entrassero in paradiso, il secondo, ad esempio non credeva nell’Immacolata concezione di Maria). Certo, noi siamo, come disse un pensatore medievale, come nani sulle spalle di quei giganti che furono Paolo di Tarso, Agostino, Tommaso e tanti altri, ma proprio perché siamo sulle loro spalle possiamo gettare lo sguardo più lontano verso l’orizzonte della comprensione del mistero di Dio e di ciò che è l’umanità nel suo disegno di amore. Se Paolo condannava senza appello alcuni tipi di amore o se qualche suo discepolo zelante dichiarava la donna sottomessa all’uomo, oppure nel Medioevo si pensava che la donna ricevesse l’anima più tardi rispetto all’uomo, oggi è ancora possibile appellarsi a insegnamenti condizionati dalla cultura di quei tempi per difendere certe posizioni? Il vangelo ci dà un criterio per osare, senza timore dei cambiamenti, perché Gesù stesso ha detto, tramite lo Spirto, che le cose da comprendere sono molte di più di quelle che lui o i suoi primi discepoli potevano dire e, se i tempi di oggi ci interpellano partenendo da una maggiore consapevolezza dei diritti umani, non dobbiamo avere paura di adeguarci, sapendo che l’essenziale è stato detto e fatto da Gesù con il dono della sua vita fatta per amore per gli uomini e le donne di tutti i tempi; il resto è solo una serie di tentativi per comprendere sempre di più la preziosità di quel dono.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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