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Domenica 6 ottobre 2024 - Bari

La Comunità di Bari in festa per il 60° Anniversario di Consacrazione Religiosa di Suor M. Delia Urso

Suor M. Delia Urso, lo scorso 6 ottobre, ha celebrato il 60° della professione religiosa con la partecipazione di tante persone a lei care: i parenti, un gruppo di ragazze degli anni 70 dell’allora Orfanotrofio di Corato, oggetto delle sue cure e preoccupazioni all’inizio della sua missione di educatrice, i loro mariti, Don Vito Martinelli, alunno della nostra Scuola dell’Infanzia durante quegli stessi anni, che ha accettato di essere presente e di presiedere la celebrazione di lode e ringraziamento al Signore, tutta la comunità, le ragazze e le bambine della Casa Famiglia di Bari. A tutti e a tutte il suo sentito ringraziamento. Suor M. Delia, per la celebrazione del suo 60° anniversario di Professione religiosa, rivolge un particolare e sentito grazie al gruppo di giovani studenti universitarie della nostra “Casa della Giovane”, alcune delle quali, appena arrivate in ambiente religioso, si sono trovate immerse in un’atmosfera insolita e vi hanno partecipato con stupore, continuando, con nostra grande sorpresa, a ripensare l’evento anche nei giorni successivi, e preparando con le proprie mani, un piccolo album da regalarle come ricordo, in cui si alternano foto della celebrazione, pensieri e preghiere di autori vari, con una dedica finale.

Semi di Parola

IV Domenica di Pasqua – Anno C - Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27-30).
L’immagine che Gesù usa per parlare dei suoi reali ed eventuali discepoli deve essere capita nel contesto storico e culturale in cui viveva, altrimenti si rischia di far passare Gesù per un demagogo populista per il quale le masse sono solo un gregge di pecore senza cervello e bisognose di chi le comandi. Nei tempi antichi, quando possedere molte pecore era segno di ricchezza e prestigio, era normale che un re o un capo si paragonasse a un pastore, ritendo così il popolo come sua proprietà. L’essere pastore dava diritto di vita o di morte sul proprio gregge e non c’era nessun dubbio, da parte di chi era governato, sul fatto che altri dovessero decidere sulla propria sorte. Nel momento in cui Gesù usa questa metafora, che era perfettamente comprensibile da parte dei suoi uditori, ne capovolge radicalmente il senso: non sono le pecore a garantire il potere economico del pastore ma è il pastore a dare la vita alle pecore, anzi, addirittura a donare la vita per le pecore stesse. Mentre per un re i sudditi sono solo numeri che determinano l’effettiva forza nei confronti degli avversari, Gesù conosce i discepoli, ha con essi un rapporto personale e intimo. Per questo i discepoli ascoltano la voce di Gesù e lo seguono. La logica di Gesù è all’opposto di quella del mondo: parafrasando una famosa frase di Kennedy, non conta ciò che le pecore possono fare per il pastore ma ciò che il pastore fa per le pecore. In questo periodo si discute su come debba essere il papa. La risposta, che vale non solo per lui ma anche per ognuno che è chiamato ad una responsabilità verso altre persone (preti, genitori, educatori, politici e così via) sta in quello che Gesù dice e che vale in ogni tempo, anche oggi che non ci dovrebbero essere più sudditi ma cittadini, non più seguaci obbedienti ma comunità che fanno strada insieme (è il significato della parola sinodo!): il pastore conosce le pecore, chi guida sa chi sono quelli che deve accompagnare nella propria crescita umana e spirituale. Il vero dramma accade quando chi pensa di saper guidare proietta sugli altri i propri schemi mentali, le proprie convinzioni che assurgono a verità indiscutibili e non sa cogliere le domande vere che nascono da chi desidera vivere in pienezza e sogna la felici tà o, per dirla con Gesù, la gioia. Essere pastori nello stile di Gesù non significa tanto fare l’inventario di quante pecore si possiedono o dare loro direttive ma piuttosto impegnarsi ogni giorno perché non si perdano per la mancanza di senso e ogni pecora sia conosciuta e ascoltata realmente, perché ritenuta capace di scegliere per perseguire la propria realizzazione, senza sentirsi imporre da altri, che non conoscono la sua storia, le sue ferite e le sue speranze, ciò che deve o non deve fare.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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