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03 Agosto 2025

La Congregazione in festa per i 100 anni di Madre Gesuina Dolci

Cent’anni di Grazia e Fedeltà: la Comunità festeggia Madre M. Gesuina Dolci Domenica 3 agosto, nella quiete di una calda domenica, la Comunità di Roma e l' intera Congregazione ha celebrato con profonda commozione e gratitudine il centesimo compleanno di Madre M. Gesuina Dolci, figura luminosa che ha dedicato l’intera sua vita al Rogate con amore, discrezione e delicatezza. Attorno a lei si sono strette le consorelle della comunità, della Curia e della sede provinciale e i parenti, in un abbraccio di gioia e riconoscenza. L’Eucaristia, presieduta dal Superiore Generale dei Rogazionisti, Padre Bruno Rampazzo, è stata il cuore pulsante della celebrazione: un momento di lode per la fedeltà silenziosa e instancabile di Madre Gesuina, testimone viva della spiritualità e dei valori della Congregazione. All'inizio della celebrazione, Padre Latina ha dato lettura di un messaggio augurale inviato dal Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, rendendo omaggio all’esempio di dedizione e servizio che Madre Gesuina rappresenta per la città e oltre. A conclusione, un pranzo fraterno e una torta festosa hanno coronato la giornata, tra sorrisi, ricordi e l’affetto sincero di chi ha condiviso con lei cammini di fede e di vita. Quella di Madre M. Gesuina Dolci non è solo una storia centenaria: è una pagina viva del carisma che continua a germogliare nel quotidiano. Auguri, Madre, con il cuore di tutta la Congregazione.

Semi di Parola

XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49-53).
Siamo di fronte ad uno degli insegnamenti più ambigui di Gesù. Per comprenderlo è necessario fare riferimento al contesto in cui è avvenuta la sua predicazione: in quell’ambiente, infatti, i legami famigliari erano fondamentali; tutto si faceva in nome del proprio gruppo di appartenenza, per difenderne l’onore e gli interessi. Lo stesso Gesù ha deciso, da adulto, di tagliare con la famiglia trasferendosi altrove. Nel chiamare i discepoli ha chiesto loro di fare altrettanto, come fanno, ad esempio Giacomo e Giovanni nei confronti del padre. In un altro insegnamento scandaloso Gesù, di fronte alla richiesta di seppellire il padre morto dice: lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Ci troviamo, in realtà, di fronte a un linguaggio paradossale, in quanto Gesù sa benissimo che è necessario prendersi cura dei genitori nella loro fragilità e lo dice, ma ciò che contesta è il primato degli interessi di parte che mettono in questione la solidarietà con i deboli e gli ultimi che non fanno parte del proprio “cerchio magico”. Quando dice che non è venuto a portare pace ma divisione, non si sta riferendo alle relazioni tra i popoli, dove vige l’uso della forza e delle armi, ma a quelle tra le persone, in cui ci si attende la priorità per il proprio clan, anche a scapito della solidarietà umana. Il messaggio di Gesù era dirompente, e lo sarebbe diventato sempre di più, all’interno del proprio gruppo etnico, cioè l’ebraismo (la “terra” di cui parla è la “terra d’Israele”), che insegnava a trattare gli altri come nemici o comunque irrilevanti. Questa mentalità è purtroppo rimasta, a volte latente, a volte esplicita nell’identità ebraica. Con la fine delle istituzioni politiche, voluta dai romani, la difesa dell’identità ha seguito per lo più vie non aggressive per mancanza di mezzi adeguati, ma oggi assistiamo ad una forma di affermazione di sé estremamente violenta perché si hanno mezzi a disposizione e un’ideologia di fondo, mai abbandonata, di pretesa di superiorità rispetto agli altri, i goyim, i non ebrei. Gesù, da ebreo (come anche Paolo), ha voluto mettere radicalmente in questione questa pretesa, innescando reazioni all’interno del suo mondo di appartenenza di rifiuto anche violento. Ecco perché parla di divisione e di mancanza di pace. Non per nulla i primi testi cristiani, parlano soprattutto di persecuzione all’interno dell’appartenenza ebraica, a cominciare dal sinedrio nei confronti di Gesù, ma anche da Paolo che, prima di aderire al movimento cristiano, è stato un acceso oppositore di quella che era ritenuta una setta pericolosa per l’identità del gruppo. Questa deriva violenta diverrà tipica anche dei cristiani che si riterranno il nuovo Israele, beneficiario della protezione e benedizione di Dio. Come a dire che il problema non è della singola identità religiosa o politica ma dell’uso che ne facciamo. Se la religione diventa causa di divisione o strumento di violenza, meglio separarsene anche in modo drastico, a costo di innescare reazioni violente da chi non accetta la scelta, piuttosto che essere noi causa di sofferenza per altri in nome di un dio di parte.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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