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Lo dicono i bambini:

a Casavatore andrà tutto bene

#restaacasa. Lo slogan che ormai ci accompagna da più di un mese e che in sé racchiude così tanti sentimenti che me lo immaginerei come una diga in piena che sta per strabordare. Ma per i nostri bambini RESTA A CASA cosa significa? RESTA…la parola ed azione che ognuno di loro preferirebbe quando incontrano, desiderano o purtroppo sognano mamma e papà! CASA… non sanno rispondere, sono confusi, oppure danno una propria interpretazione all’idea di casa calda ed accogliente con i genitori che ti accarezzano e ti dicono stringendoti forte #ANDRATUTTOBENE! E QUINDI PERCHE NEGARGLIELO?! Siamo tutti uguali, figli di Dio ed aventi gli stessi diritti! Quindi noi dell’Istituto Figlie del Divino Zelo di Casavatore ci siamo impegnati ancora una volta con tutte le nostre energie positive, per far sì che questo periodo per i nostri bambini trascorra come una serie di momenti felici nella “famiglia” che per il momento è stata scelta per loro. Una giornata all’insegna dell’informazione per sconfiggere l’animaletto “CORONA”, seguendo le regole e dimostrando quanta forza l’essere umano può trasmettere partendo da un gesto sociale ed unendoci a tutti gli altri. Un lenzuolo grandissimo con disegnati i visi dei nostri bambini, un enorme arcobaleno creato con le loro mani colorate di gioia ed ingenuità accompagnate dai tratti rosei del viso della Madonna, Madre di tutti che ci accompagna lungo il nostro cammino. Tempere, pastelli, urla, gioia, giochi, scherzi, questi sono i nostri piccoli…uomini e donne del futuro che noi dell’Istituto ci impegniamo a formare trasmettendo i valori che un giorno potranno aiutarli a garantirsi un futuro migliore! Siamo sicuri che ne usciremo più forti ed uniti di prima. Educatrice professionale Daiana Marotta

Semi di Parola

SS. Trinità – Anno C - Molte cose ho ancora da dirvi (Gv 16,12-15).
La possibilità di comprendere molte più cose dopo la risurrezione di Gesù, attraverso il dono dello Spirito, è forse connessa proprio con il contenuto del vangelo di Giovanni, così diverso dai primi vangeli in cui gli insegnamenti del Maestro riflettono maggiormente le sue parole reali. Il quarto vangelo è stato visto da subito come quello più spirituale, nel senso che approfondisce il mistero della persona di Gesù e la sua dimensione divina e le sue parole sono lo strumento per dire l’indicibile; esse sono frutto di una continua e più profonda speculazione del pensiero su chi è Dio, un misterioso intreccio di persone che ben tre secoli dopo la morte di Gesù è stato oggetto di una formulazione precisa, al Concilio di Nicea di cui ricorrono i mille settecento anni. Dire che i discepoli non erano capaci di portare il peso di quanto Gesù aveva da dire, è un po’ un mettere le mani avanti sulle riflessioni che la comunità avrebbe elaborato su Dio, Gesù e lo Spirito e che non vengono dal lascito dei discepoli storici di Gesù. Da subito i primi cristiani hanno avuto la convinzione che non bastasse semplicemente conservare ciò che era arrivato dai primi testimoni; anzi, chi lo ha fatto è poi scomparso dalla storia cristiana, come i cosiddetti giudeo-cristiani che vedevano in Gesù solo il Messia e non il Figlio di Dio e avevano conservato solo i suoi insegnamenti, senza dare nessun peso al valore salvifico della sua morte; cosa che ha fatto invece Paolo che, a sua volta, ha ignorato quasi completamente ciò che Gesù aveva insegnato o fatto nella sua vita terrena. Ma quella frase del vangelo ci dice che non solo la comprensione del mistero è in continua evoluzione e tuttora è oggetto di riflessione teologica, avendo attraversato le culture di diversi tempi e diversi luoghi, ma anche la capacità di allargare la mente da parte dei cristiani è in continua evoluzione per cui noi che viviamo in questi tempi abbiamo la possibilità di capire un po’ di più persino rispetto ai grandi del passato, come un Agostino o un Tommaso (il primo pensava, ad esempio, che i bambini non battezzati non entrassero in paradiso, il secondo, ad esempio non credeva nell’Immacolata concezione di Maria). Certo, noi siamo, come disse un pensatore medievale, come nani sulle spalle di quei giganti che furono Paolo di Tarso, Agostino, Tommaso e tanti altri, ma proprio perché siamo sulle loro spalle possiamo gettare lo sguardo più lontano verso l’orizzonte della comprensione del mistero di Dio e di ciò che è l’umanità nel suo disegno di amore. Se Paolo condannava senza appello alcuni tipi di amore o se qualche suo discepolo zelante dichiarava la donna sottomessa all’uomo, oppure nel Medioevo si pensava che la donna ricevesse l’anima più tardi rispetto all’uomo, oggi è ancora possibile appellarsi a insegnamenti condizionati dalla cultura di quei tempi per difendere certe posizioni? Il vangelo ci dà un criterio per osare, senza timore dei cambiamenti, perché Gesù stesso ha detto, tramite lo Spirto, che le cose da comprendere sono molte di più di quelle che lui o i suoi primi discepoli potevano dire e, se i tempi di oggi ci interpellano partenendo da una maggiore consapevolezza dei diritti umani, non dobbiamo avere paura di adeguarci, sapendo che l’essenziale è stato detto e fatto da Gesù con il dono della sua vita fatta per amore per gli uomini e le donne di tutti i tempi; il resto è solo una serie di tentativi per comprendere sempre di più la preziosità di quel dono.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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