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Campobasso 26 Settembre 2020

Prima comunione di Mirco

PRIMA COMUNIONE di MIRCO Z. Finalmente dopo la lunga attesa causata dalla pandemia, il 26 Settembre è arrivato il giorno atteso. Mirco uno dei nostri ragazzi, insieme ad altri 7, ha ricevuto Gesù Sacramentato per la prima volta, nella Chiesa di Santa Maria della Croce, nella città stessa di Campobasso. Mirco accompagnato dalla sua catechista e da noi suore della comunità, attraverso vari interventi, tramite incontro Meet e lavori su diversi moduli in casa, si è preparato con impegno, con amore e con gioia. In chiesa è stato accompagnato da me, da qualche educatrice e dai suoi, godendo e partecipando alla gioia ed emozione di Mirco. Gesù che già nel Battesimo lo ha incontrato, ora è venuto in una forma diversa, sotto le specie del Pane. Dopo la celebrazione, tornando a casa, i nostri ragazzi, le suore e alcune educatrici hanno condiviso con lui la cena con canti augurali nel clima di festa. Con Mirco vogliamo esprimere il nostro grazie al Signore per questo dono; l’incontro con Gesù nell’Eucaristia sostenga il suo cammino. Cosi sarà bella ogni Domenica ... sarà bella anche la vita di ogni giorno. "Grazie Gesù" è l’espressione del cuore di Mirco. Il giorno della Prima Comunione non si dimentica mai nella vita. Suor Judith Bido

Semi di Parola

XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - Sono venuto a gettare fuoco sulla terra (Lc 12,49-53).
Siamo di fronte ad uno degli insegnamenti più ambigui di Gesù. Per comprenderlo è necessario fare riferimento al contesto in cui è avvenuta la sua predicazione: in quell’ambiente, infatti, i legami famigliari erano fondamentali; tutto si faceva in nome del proprio gruppo di appartenenza, per difenderne l’onore e gli interessi. Lo stesso Gesù ha deciso, da adulto, di tagliare con la famiglia trasferendosi altrove. Nel chiamare i discepoli ha chiesto loro di fare altrettanto, come fanno, ad esempio Giacomo e Giovanni nei confronti del padre. In un altro insegnamento scandaloso Gesù, di fronte alla richiesta di seppellire il padre morto dice: lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Ci troviamo, in realtà, di fronte a un linguaggio paradossale, in quanto Gesù sa benissimo che è necessario prendersi cura dei genitori nella loro fragilità e lo dice, ma ciò che contesta è il primato degli interessi di parte che mettono in questione la solidarietà con i deboli e gli ultimi che non fanno parte del proprio “cerchio magico”. Quando dice che non è venuto a portare pace ma divisione, non si sta riferendo alle relazioni tra i popoli, dove vige l’uso della forza e delle armi, ma a quelle tra le persone, in cui ci si attende la priorità per il proprio clan, anche a scapito della solidarietà umana. Il messaggio di Gesù era dirompente, e lo sarebbe diventato sempre di più, all’interno del proprio gruppo etnico, cioè l’ebraismo (la “terra” di cui parla è la “terra d’Israele”), che insegnava a trattare gli altri come nemici o comunque irrilevanti. Questa mentalità è purtroppo rimasta, a volte latente, a volte esplicita nell’identità ebraica. Con la fine delle istituzioni politiche, voluta dai romani, la difesa dell’identità ha seguito per lo più vie non aggressive per mancanza di mezzi adeguati, ma oggi assistiamo ad una forma di affermazione di sé estremamente violenta perché si hanno mezzi a disposizione e un’ideologia di fondo, mai abbandonata, di pretesa di superiorità rispetto agli altri, i goyim, i non ebrei. Gesù, da ebreo (come anche Paolo), ha voluto mettere radicalmente in questione questa pretesa, innescando reazioni all’interno del suo mondo di appartenenza di rifiuto anche violento. Ecco perché parla di divisione e di mancanza di pace. Non per nulla i primi testi cristiani, parlano soprattutto di persecuzione all’interno dell’appartenenza ebraica, a cominciare dal sinedrio nei confronti di Gesù, ma anche da Paolo che, prima di aderire al movimento cristiano, è stato un acceso oppositore di quella che era ritenuta una setta pericolosa per l’identità del gruppo. Questa deriva violenta diverrà tipica anche dei cristiani che si riterranno il nuovo Israele, beneficiario della protezione e benedizione di Dio. Come a dire che il problema non è della singola identità religiosa o politica ma dell’uso che ne facciamo. Se la religione diventa causa di divisione o strumento di violenza, meglio separarsene anche in modo drastico, a costo di innescare reazioni violente da chi non accetta la scelta, piuttosto che essere noi causa di sofferenza per altri in nome di un dio di parte.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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