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18 Ottobre - Roma

Anniversari di Professione religiosa nella Comunità di Roma

"... c’è un tempo per gioire, ringraziare, rallegrarsi" Noi della comunità di Roma abbiamo avuto delle ricorrenze particolari 50-esimo, 60-esimo e 70-esimo, non capitano tutti i giorni. Per tutte noi e per suor M. Dionisia Leanza, suor M. Teresa Longano e suor M. Angioletta Gizzi è stata davvero una bella giornata ricca di emozioni; il sentimento dominante è stato la gratitudine al Signore. Infatti la giornata è solennemente iniziata con la santa messa di ringraziamento preseduta da Mons. Giuseppe Leanza, fratello di sr. Dionisia, concelebrata da Padre F. Siciliano. Si sono incarnate visibilmente in noi le parole del salmo 132 "come è bello e gioioso, stare insieme come fratelli..." ed è proprio in occasioni come queste che una capisce di appartenere veramente ad una famiglia grande, per dono ricevuto. A questo proposito non si può fare a meno di citare la frase di padre Annibale riguardo alla vocazione che recita: "vedi che grazia non a tutti è data, la vocazione...". Ma la cosa più bella, sorprendente e impegnativa è stata la settimana che ha preceduto l’evento perché ci ha viste tutte impegnate Ed è così che siamo riuscite a vivere una bellissima giornata ricca di gioia e gratitudine insieme alle nostre sorelle, un giorno ricco di preghiera e la richiesta esplicita al Signore di continuare a benedire ed arricchire la chiesa di nuove vocazioni che siano per il mondo segno tangibile del suo amore, proprio come lo sono queste sorelle per noi.

Semi di Parola

IV Domenica di Pasqua – Anno C - Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27-30).
L’immagine che Gesù usa per parlare dei suoi reali ed eventuali discepoli deve essere capita nel contesto storico e culturale in cui viveva, altrimenti si rischia di far passare Gesù per un demagogo populista per il quale le masse sono solo un gregge di pecore senza cervello e bisognose di chi le comandi. Nei tempi antichi, quando possedere molte pecore era segno di ricchezza e prestigio, era normale che un re o un capo si paragonasse a un pastore, ritendo così il popolo come sua proprietà. L’essere pastore dava diritto di vita o di morte sul proprio gregge e non c’era nessun dubbio, da parte di chi era governato, sul fatto che altri dovessero decidere sulla propria sorte. Nel momento in cui Gesù usa questa metafora, che era perfettamente comprensibile da parte dei suoi uditori, ne capovolge radicalmente il senso: non sono le pecore a garantire il potere economico del pastore ma è il pastore a dare la vita alle pecore, anzi, addirittura a donare la vita per le pecore stesse. Mentre per un re i sudditi sono solo numeri che determinano l’effettiva forza nei confronti degli avversari, Gesù conosce i discepoli, ha con essi un rapporto personale e intimo. Per questo i discepoli ascoltano la voce di Gesù e lo seguono. La logica di Gesù è all’opposto di quella del mondo: parafrasando una famosa frase di Kennedy, non conta ciò che le pecore possono fare per il pastore ma ciò che il pastore fa per le pecore. In questo periodo si discute su come debba essere il papa. La risposta, che vale non solo per lui ma anche per ognuno che è chiamato ad una responsabilità verso altre persone (preti, genitori, educatori, politici e così via) sta in quello che Gesù dice e che vale in ogni tempo, anche oggi che non ci dovrebbero essere più sudditi ma cittadini, non più seguaci obbedienti ma comunità che fanno strada insieme (è il significato della parola sinodo!): il pastore conosce le pecore, chi guida sa chi sono quelli che deve accompagnare nella propria crescita umana e spirituale. Il vero dramma accade quando chi pensa di saper guidare proietta sugli altri i propri schemi mentali, le proprie convinzioni che assurgono a verità indiscutibili e non sa cogliere le domande vere che nascono da chi desidera vivere in pienezza e sogna la felici tà o, per dirla con Gesù, la gioia. Essere pastori nello stile di Gesù non significa tanto fare l’inventario di quante pecore si possiedono o dare loro direttive ma piuttosto impegnarsi ogni giorno perché non si perdano per la mancanza di senso e ogni pecora sia conosciuta e ascoltata realmente, perché ritenuta capace di scegliere per perseguire la propria realizzazione, senza sentirsi imporre da altri, che non conoscono la sua storia, le sue ferite e le sue speranze, ciò che deve o non deve fare.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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